"Chi viaggia senza incontrare “l’altro”, non viaggia, si sposta”.
Alexandra David Neel

Cucina dell’Etiopia, un’arte africana

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caffè in Ethiopia, viaggietiopia.it

caffè in Ethiopia, viaggietiopia.it

Al tavolo viene portata una brocca di metallo o di terracotta da dove l’acqua scivola sulle mani che gli ospiti tengono sopra una piccola bacinella.
Così inizia un pranzo formale in Etiopia, dove si mangia tutti insieme e dallo stesso vassoio, in un momento di grande condivisione e senza sedie.

 

 

 

 

 

cucina etiope

La cucina etiope è stata influenzata dalle tre religioni monoteiste: ebraismo, cristianesino e islamismo, ben radicate tra la popolazione. Una cucina dalle origini antichissime come la sua “terra degli uomini dal volto bruciato”, vecchia di quasi 700.000 anni secondo gli studi della rivista Nature.

 

 

 

Il piatto nazionale è il wot, uno stufato piccante servito in molteplici varianti, preso con l’injera, un pane lievitato simile ad una spianata di colore grezzo ricavata da una miscela di teff (cereale locale) e acqua, che sostituisce le posate. Il composto viene lasciato lievitare per 3/4 giorni e poi fatto cuocere su una piastra di terracotta.

 

 

Injera, il pane etiopeL’injera è disposta a fette sopra cesti intrecciati variopinti chiamati mesob. La salsa wot viene disposta sull’injera e ci si aiuta staccando dei piccoli pezzi e arrotolandoli attorno a pezzetti di carne.

L’infuocato e pungente wot è un insieme piccante di carne, pesce o verdure cotto a fuoco lento in una salsa di cipolla e spezie. Doro (pollo) e manzo sono le basi più comuni del piatto.

 

cucina etiope

 

 

Il segreto per un buon wot si trova nel berbere, una mistura di peperoncino, erbe, spezie e altri sapori (chiodi di garofano, aglio, pepe nero, semi di finocchio, ginger e coriandolo). Molteplici i piatti di verdura e di carne fra cui il Beg Wot, stufato di pecora, kibe, cipolla e berberrè, l’Alichà, stufato di pecora, kibe, cipolla senza berbrrè ma con verdure cotte aromatizzate) e il Tebs (carne cotta con cipolla, kibe e peperoncino fresco).

 

 
Un tipico pranzo etiope normalmente viene innaffiato dal tej, dal sapore dolce e molto delicato, oppure dalla tella, una birra leggera di produzione locale a base di malto d’orzo o di altri cereali. Il tej, un tempo riservato ai sovrani e ai loro ospiti, oggi è alla portata di tutti e si può acquistare nei negozi specializzati e nei ristoranti di tutto il paese. Ottime le birre locali prodotte commercialmente così come i vini, meno diffusi, fra cui il rosso Duken e il bianco l’Awash Crista. Ogni pranzo etiope è coronato con il tradizionale rito del caffè, bevanda nata in Etiopia.

 

 

caffè etiopeIl rito del caffè in Ethiopia
In Etiopia, sua patria di origine, si chiama “bunna”. Introdotto dall’Etiopia nello Yemen nel XIV sec., dove acquisì la denominazione araba di qahweh (kaffa), dal nome della regione etiope dove furono scoperte le prime piante, il caffè si sorseggia in una cerimonia che è parte integrante della vita sociale e culturale del Paese, considerato un segno di profonda amicizia e il massimo esempio di ospitalità per il popolo etiope ed eritreo. Sono le donne, nel tradizionale abito bianco con la gonna riccamente decorata, a svolgere il rito su una superficie interamente cosparsa di fiori ed erba delicatamente profumati. Sedute accanto a un braciere di carbone, accendono l’incenso e arrostiscono i chicchi verdi di caffè, agitandoli in una scodella concava per farli tostare uniformemente. Tostati i chicchi al punto giusto, agitano la scodella bollente affinché tutti ne possano odorare la fragranza, poi , nella parte inferiore della casa, polverizzano i chicchi nel mortaio. Su una tradizionale brocca d’argilla tonda e panciuta alla base, con un lungo collo laterale che termina in un beccuccio, dopo aver riscaldato l’acqua della brocca, aggiungono il caffè e portano il tutto a bollore. Lo versano in tazzine senza manico, aggiungendo zucchero e un ramoscello di ruta. Il caffè, pronto per essere servito, ha un gusto corposo, intenso e non amaro. Il caffè viene servito tre volte: il primo giro si chiama Awel, il secondo Kale’i e il terzo Bereka che vuol dire “benedizione”, il rito dura circa un’ora. Le capacità eccitanti della bevanda furono presto sfruttate in ambito religioso per le veglie notturne e grandemente apprezzate dai mistici sufi nello Yemen, già intorno al 1450. Il gingibil, nome etiopico dello zenzero, conferisce al caffé un gusto del tutto particolare: ne esalta sicuramente il sapore con una sensazione di lieve pizzicore ed un profumo che diventa inebriante.
Per molti secoli dopo la sua scoperta, il caffè fu mangiato e non bevuto. Le bacche erano assunte sia intere che sminuzzate e mescolate al ghi (burro bollito), una pratica ancora in uso nelle terre più remote delle provincie di Kaffa e Sidamo. Solo nel XIII secolo si diffuse la pratica di ricavare un infuso dai chicchi arrostiti e da allora si è propagata rapidamente anche nel resto del mondo. Secondo la tradizione, Kaldi, un giovane pastore di Kaffa, nel 400 a.C., fu sorpreso nel vedere le sue capre, pigre e sonnolenti, rinvigorirsi improvvisamente dopo aver masticato certe bacche. Anche Kaldi le assaggiò e le trovò stimolanti. La leggenda continua con l’arrivo di un monaco che, vedendo il pastore così allegro, volle provare le bacche e, quella notte, durante le estenuanti preghiere, notò che la sua mente era più attenta e acuta di prima. Così il monaco trasmise il segreto del caffè ai confratelli e ben presto a tutti i monaci dell’Etiopia. I primi europei a descrivere la pianta di caffè furono il botanico tedesco Leonard Rauwolf, in un libro pubblicato nel 1583, e l’italiano Prospero Alpini, nel suo libro De Medicina Aegyptiorum del 1591. Venezia, per i suoi rapporti commerciali in Oriente fu la prima città a far uso del caffè in Italia, probabilmente sin dall’inizio del XVI secolo.

 

Dove acquistare caffè ad Addis Ababa: da Tomoca (Wavel Street, http://www.tomocacoffee.com, piccolo e non turistico.

 

 
Etiopia, Valle dell'Omo, I Viaggi di Maurizio LeviViaggio in Ethiopia: con “I Viaggi di Maurizio Levi” alla scoperta dei “Popoli primitivi della Valle dell’Omo”. Uno scenario davvero vario e unico verso sud-ovest, tra le vette dell’altopiano del Bale e il cratere di El Sod, tra le popolazioni più primitive dell’Africa che, a causa di un isolamento geografico-ambientale hanno mantenuto, per ora, usi e costumi tradizionali vivendo in villaggi sperduti e incontaminati. Mursi, Hammer, Konso, Nyangatom, Dassanech, Karo, un concentrato di etnie, il più denso di tutto il continente, che vive in semplici mercati e caratteristici villaggi, dove la vita è legata a usi e abitudini ancestrali. La foresta di Harenna, l’ambiente afro-alpino dell’altopiano del Bale, i laghi della Rift Valley con milioni di uccelli, ippopotami e coccodrilli, estese savane che ricordano il Kenya. Un viaggio vario, prevalentemente etnografico ma anche naturalistico, attraverso un mondo che purtroppo è destinato a scomparire. Partenze di gruppo 11 luglio, 1 e 15 agosto, 13 settembre, www.viaggilevi.com, info@viaggilevi.com

 
Volo dall’Italia: con Ethiopian Airlines, la compagnia di bandiera nazionale con quasi 70 anni di attività alle spalle, il vettore africano con più destinazioni nel continente (51). Dall’Italia voli giornalieri per/da Addis Ababa da Roma con 4 frequenze da Milano. Info www.ethiopianairlines.it, tel. +39 02 8056562

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